La comunicazione, che può apparire come un processo banale e intuitivo, in cui gli individui si sentono spesso padroni del contesto e capaci di navigare le dinamiche relazionali con l’interlocutore, presenta notevoli sfide per le persone con disturbi dello spettro autistico, dovute alle loro intrinseche difficoltà nell’instaurare connessioni interpersonali. Recentemente, il campo della robotica sta emergendo come un efficace strumento di supporto, rispondendo ai bisogni di prevedibilità, concretezza e stabilità di tali individui, e guadagnando un’ampia accettazione per i suoi risultati positivi. Nell’ambito dello spettro autistico, è stata osservata una limitata capacità di adottare modalità di pensiero flessibili, nonché di monitorare e programmare in modo efficace pensiero e azione. Questa limitazione deriva da un disturbo neuropsicologico di base, che ostacola l’organizzazione e la percezione dell’esperienza come coesa, strutturata e orientata verso un obiettivo specifico. Gli elementi chiave che favoriscono l’adozione della robotica in questo contesto includono: l’impiego prevalente del canale visuo-spaziale, l’utilizzo di un linguaggio strutturato e prevedibile privo di componenti emotive, e la capacità di personalizzare lo strumento per l’utente. Il canale visuo-spaziale si adatta specificamente alle esigenze sensoriali delle persone autistiche, che tendono a privilegiare la modalità visiva rispetto a quella uditiva durante l’apprendimento, in parte a causa del deficit di coerenza centrale. Dal punto di vista del linguaggio, la robotica risponde al deficit nella teoria della mente tipico dell’autismo, offrendo un linguaggio strutturato e prevedibile. La sua chiarezza deriva anche dall’assenza di elementi emotivi o sottintesi, che potrebbero confondere la comprensione da parte degli individui autistici. La robotica, allineandosi con il linguaggio e le funzioni cognitive caratteristiche dell’autismo, facilita i processi attentivi e rafforza l’autostima e l’autoefficacia degli utenti, utilizzando feedback costanti come rinforzo. Inoltre, fornisce un ambiente protetto, dove l’ansia da prestazione e l’esposizione sono minimizzate e più facilmente gestibili. In sintesi, l’integrazione della robotica potrebbe offrire miglioramenti significativi nelle funzioni esecutive e nel benessere psicologico generale di queste persone.
Il pensiero computazionale
Il “pensiero computazionale” si riferisce a un insieme di processi mentali impiegati per affrontare e risolvere problemi eterogenei mediante l’adozione di metodi e strumenti specifici. Da un punto di vista scientifico, il pensiero computazionale è una metodologia logico-creativa che facilita la destrutturazione di problemi complessi in sottoproblemi più semplici e gestibili, affrontati sequenzialmente. La risoluzione individuale di questi sottoproblemi contribuisce alla soluzione dell’intera problematica. L’acquisizione e lo sviluppo di questa competenza sono ritenuti cruciali fin dalla prima infanzia. Nel contesto della robotica educativa, questa disciplina assume un ruolo significativo nello sviluppo del pensiero computazionale e delle competenze di problem solving. La robotica, infatti, stimola i bambini a esercitare il ragionamento logico e a confrontarsi con la risoluzione di problemi, rendendo l’attività di debug (correzione degli errori) un processo quasi automatico e focalizzando l’attenzione sull’obiettivo finale da raggiungere. Per i bambini con disturbi dello spettro autistico, l’interazione con i robot si è dimostrata particolarmente efficace. Essi tendono a concentrare l’attenzione sul robot per periodi significativamente più lunghi rispetto a un interlocutore umano, riducendo la distrazione causata da segnali sociali complessi e difficili da interpretare. Inoltre, comportamenti ripetitivi e indicatori di disagio, come il battito delle mani, si sono osservati con una frequenza inferiore durante l’interazione con i robot rispetto agli incontri umani. Questo suggerisce che i robot possono agire come facilitatori nella comunicazione tra educatore e bambino, o tra genitore e bambino. Pertanto, la terapia assistita da robot dovrebbe essere considerata complementare, piuttosto che sostitutiva, alla terapia umana tradizionale. L’Intelligenza Artificiale, in sinergia con la robotica, emerge così come uno strumento educativo e terapeutico promettente per stimolare le capacità cognitive e per lo sviluppo del pensiero computazionale, particolarmente nel contesto di disturbi dello spettro autistico.
– Jeannette Wing – 2006
– LuxAI, spinoff dell’Università del Lussemburgo, ideatrice di QTrobot